All’arma blanca

Roberto Beccantini3 ottobre 2023

Quando la cronaca (un quarto di finale, la scorsa stagione) si scorna con la storia (14 Champions), ci si annoia di rado. Napoli-Real è stata una croccante roulette la cui pallina è «morta» nella casella della schiena di Meret: 2-3. Garcia era andato sul classico, Ancelotti no: orbo di mezza difesa, senza centravanti e con due «vipere» fra i cespugli, Rodrygo e Vinicius. Modi e mode. La bellezza della diversità.

Il Maradona, pieno zeppo, ha visto di tutto, da tutti: l’uscita farlocca di Kepa, poi bravo su Osimhen, a monte della capocciata di Ostigard, già a segno a Lecce; il regalo di Di Lorenzo, scartato da Bellingham e sfruttato da Vinicius; il dondolio leggiadro dell’inglese in mezzo a statuine fin troppo sull’attenti; il rigore di Zielinski, da un mani-comio di Nacho sfuggito persino a Osi. E la lecca di Valveverde: pura polvere da sparo.

Bene il Real all’inizio, con gli avversari meditabondi, ancora blancos e, sul due pari, il momento più ispirato del Napoli. In chiave singola: sprazzi di Kvara (solo nella ripresa, però); spallate di Osi (con Rudiger che gli ringhiava addosso, stopperone d’antan); benino Politano, che non avrei tolto; Lobotka di molta lotta, Zielinski di poco governo; Ostigard e Natan senza riferimenti e, per questo, non sempre a proprio agio.

Dall’altra parte: Jude Bellingham, classe 2003, la fantasia al potere. E se n’è mangiato un altro di testa, addirittura. Gioca con il radar incorporato, metà ballerino e metà spadaccino. Carletto ne sfrutta il fiuto, l’incedere ambiguo (che confonde i rivali), liberandolo dagli schemi, se e quando serve.

** Inter-Benfica 1-0. Dopo un primo tempo di studi e di sbadigli, un secondo alla baionetta. Traversa e palo del Lau-Toro scatenato,
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Polvere

Roberto Beccantini1 ottobre 2023

Polvere. Né di stelle, né da sparo. Solo polvere. L’Atalanta del Gasp non è più «quella», ma si sforza di assomigliarle. Al netto del calo tecnico della rosa, la Juventus dell’Allegri bis è sempre quella, una squadra che porta in giro un nome grande dal gioco piccolo. Morale: zero a zero.

Mancava l’artiglieria pesante: Scamacca e Touré da una parte, Vlahovic e Milik dall’altra. Giocava, Gasp, senza un centravanti di ruolo. De Ketelaere, o chi per lui, era lo Zirkzee del Bologna, mobile qual piume al vento. Il pericolo è che Bremer ci cascasse e si lasciasse «adescare». Una sola occasione (doppia), sciupata grossolanamente da Zappacosta: su cross di Ruggeri, da sinistra a destra, specialità della casa.

Dal 20’ in poi, Madama si sistemava un po’ meglio. Due tiri, uno di Fagioli e uno di Kean, parati. Il giro palla era però lento e scontato, a caccia perenne delle accelerazioni di Chiesa. Che potrà, spesso, decorare il centro del villaggio, ma toglietevi dal cervello che, da solo, possa diventarlo (il villaggio).

Proprio l’ex Viola, in avvio di ripresa, impegnava di nuovo Musso. Terza conclusione nello specchio: punto e a capo. I cambi, Muriel in testa, davano energie alla Dea e le toglievano alla Vecchia. Le coppe le ha Gasp, ma da come è andato il secondo tempo sembrava che in ballo ci fosse Allegri. Mezzo miracolo di Szczesny su punizione di Muriel (guanti, traversa, fianco, corner); mezza papera del polacco su sventola del colombiano, con Koopmeiners che si mangiava il tapin (e, poco dopo, sciupava un cross di Bakker, riserva ennesima). Insomma: Bergamo altissima e Goeba bassissima.

Dal dentista, per qualche minuto, soffriva persino il City del Pep, figuriamoci una signorinella dalle gengive fragili, quarta nella mia griglia estiva, e dal precettore antico. Direi che è tutto: il «solito» tutto.

Di forza. E di Lautaro

Roberto Beccantini30 settembre 2023

A San Siro c’è partita per un tempo. Un’azione, una sola: gran parata di Provedel su Giroud e a ruota, nel marasma, palo rocambolesco di Reijnders. Alla ripresa, solo Diavolo. Doppio assist di Leao, reti di Pulisic e Okafor. Pioli, il secchione distratto che aveva perso gli ultimi cinque derby, torna in cattedra. Ha calibrato il turnover, ha allargato la rosa, si è ripreso il Milan (ma sì). Sarri, lui, brancola nel buio. La Lazio è immobile, e Immobile – riserva, addirittura – non più la Lazio. Cose che capitano. Alla distanza, è crollato il centrocampo, compreso l’ordinato e ordinario Rovella, si sono spenti Felipe Anderson e Zaccagni. Da Castellanos, il vice Ciro, notizie vaghe. E’ un Milan ventre a terra, che assorbe l’uscita di Loftus-Cheek con la nonchalance dello sprinter che sa di aver scavato metri fra sé e gli altri. Per «C’era Guevara», quarta sconfitta: conoscendo Lotitus, auguri.

** Lecce-Napoli 0-4. A leggere alcuni siti, mi ero spaventato: Garcia già alla sbarra, Osimhen furibondo per un video, lo spogliatoio in subbuglio. Poi: 4-1 all’Udinese, 4-0 a Lecce. Per carità, squadre non certo equiparabili al Real di martedì, ma insomma. Ostigard, Osimhen, Gaetano e Politano: gli ultimi tre, dalla panca. Se il nigeriano continua a «distribuire» rigori (a Zielinski, a Politano), Kvara (che palla, la palla al Totem) e Anguissa mi sembrano in netta ripresa. Specialmente il georgiano. Verrebbe da dire: non tutte le «sparatorie» vengono per nuocere, do you remember la Lazio del ‘74? E allora, calma. Si sapeva che sostituire Spalletti non sarebbe stata una gita. Il violinista ci sta provando.

** Salernitana-Inter 0-4. Poker di Lautaro: tre di destro (su inviti della ditta Thuram-Barella e su rigore procurato del francese), uno di sinistro (da un’idea di Carlos Augusto).
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